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sabato 25 ottobre 2008

Protesta:scuola

Scuola: i motivi della protesta Studenti, genitori, professori in agitazione contro il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Iniziamo a raccontarvi alcuni dei motivi della protesta.
Partiamo dalla scuola elementare: è uno dei nostri pochi fiori all’occhiello (al quinto posto nelle classifiche internazionali per i buoni risultati dei suoi alunni), perché cambiarla? Da anni, ormai, il modello di scuola a tempo pieno (in uso fortemente al nord dove è più diffuso il lavoro femminile) incontra il consenso delle comunità (tanto che solo l’anno scorso un compatto e spontaneo movimento di insegnanti e genitori ha salvato il tempo pieno dai propositi distruttivi dell’ex-ministro dell’Istruzione Moratti).
Al tempo pieno sono assegnati di base due docenti per classe e un orario di funzionamento di 40 ore settimanali con strutture come le mense e un servizio di trasporto. A ciò può aggiungersi il docente di lingua straniera, quello di religione e quello di sostegno, nel caso vi sia presenza di alunni diversamente abili o nel caso il team di base non abbia il titolo per insegnare la lingua straniera. Tornare alle 24 ore settimanali scarica un problema sociale sulle famiglie e impoverisce la scuola: non garantisce in tutte le classi l’insegnamento della lingua straniera, ma non mette in discussione l’ora di religione che, sebbene non obbligatoria, continua a essere garantita nell’orario obbligatorio. Il maestro unico potrebbe non avere il titolo per insegnare la lingua straniera, quindi chi se ne farà carico? I genitori? Il comune? I bambini saranno privati della ricchezza culturale data dalla pluralità dei docenti e le famiglie dovranno riorganizzarsi per curare i loro figli sbattuti fuori dalla scuola per gran parte della giornata. Un tempo più lungo, la presenza di due insegnanti durante un’attività di gioco o un’uscita o un lavoro di gruppo, non sono uno spreco, ma indispensabili per una scuola formativa e di qualità a cui non bisogna rinunciare.
E ancora: le scuole nelle piccole isole e nei piccoli comuni montani potrebbero sparire già dal prossimo anno.
Il decreto-legge 154 ha l'intero articolo 3 dedicato alla riduzione delle istituzioni scolastiche sottodimensionate. Il tutto in linea con il Piano che detta le regole per tagliare in un triennio 132.000 posti.
In tutt’Italia sono 4.200 i plessi con meno di 50 alunni, gli alunni saranno costretti a percorrere chilometri per raggiungere la nuova scuola e, oltre al danno la beffa, i costi per i trasporti e l’adeguamento edilizio saranno a carico degli enti locali.
E per finire l’università. La legge 133/2008 prevede una riduzione annuale fino al 2013 del Fondo di Finanziamento Ordinario di 467 milioni di euro (taglio del 6%); un taglio del 46% sulle spese di funzionamento; una riduzione del turnover al 20% per l'Università (su 5 docenti che vanno in pensione al più 1 nuovo ricercatore potrà essere assunto) nel periodo 2009-2013; un taglio complessivo di quasi 4 miliardi di euro in 5 anni e l'istituzione di un percorso burocratico che permetta la trasformazione delle Università pubbliche in Istituti privati.

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